Il termine “gender pay gap” fa riferimento alla differenza salariale media tra uomini e donne, spesso espressa come percentuale. È una misura delle disuguaglianze economiche tra i generi e riflette non solo il divario nei salari per lavori simili, ma anche la concentrazione delle donne in lavori meno remunerati o in settori meno redditizi. Anche se la parità di retribuzione è stata sancita dalla legge in molti paesi, la disparità salariale tra uomini e donne persiste ancora oggi, evidenziando come le disuguaglianze di genere rimangano radicate nel mondo del lavoro.
Il gender pay gap non è solo una questione di giustizia sociale, ma ha un impatto concreto sul benessere economico delle donne e delle loro famiglie, oltre a influenzare la produttività aziendale e l’economia in generale. Il divario retributivo può derivare da fattori complessi come la segregazione professionale, la mancata rappresentanza femminile in ruoli dirigenziali e le aspettative legate al genere. Approfondiamo questi aspetti insieme a Gruppo Res azienda da anni impegnata nella certificazione della parità di genere.
Le cause della disparità salariale
Le ragioni del gender pay gap sono molteplici e spesso interconnesse. Un fattore determinante è la segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro. La segregazione orizzontale si riferisce alla concentrazione delle donne in settori tradizionalmente meno pagati, come l’educazione e la cura della persona, mentre la segregazione verticale riguarda la mancanza di rappresentanza delle donne in ruoli di leadership o manageriali, posizioni che in genere offrono salari più alti.
Le interruzioni di carriera, spesso dovute alla maternità o ad altre responsabilità familiari, possono avere un effetto negativo sulla crescita salariale delle donne. Le politiche di lavoro flessibile, pur essendo fondamentali per conciliare vita privata e professionale, possono talvolta relegare le donne in ruoli part-time o meno remunerativi. Esiste poi una componente culturale che perpetua stereotipi e aspettative di genere, influenzando il modo in cui vengono valutate le competenze delle donne rispetto a quelle degli uomini.
Un altro aspetto da considerare è la disparità nella negoziazione salariale. Le ricerche indicano che le donne tendono a negoziare meno frequentemente il proprio stipendio rispetto agli uomini, a causa di retaggi culturali che le portano a temere ritorsioni o di essere percepite come “aggressive”. Questo perpetua la disuguaglianza e contribuisce al mantenimento del divario retributivo nel tempo.
La trasparenza retributiva: un passo verso la parità
Una delle soluzioni proposte per combattere il gender pay gap è l’introduzione di politiche di trasparenza retributiva. Questo principio prevede che le aziende rendano pubbliche le informazioni sui salari, in modo da evidenziare eventuali disuguaglianze tra i dipendenti di genere diverso. La Direttiva UE 970/2023 ha posto le basi per una maggiore trasparenza, richiedendo alle imprese di fornire ai lavoratori dati precisi sui livelli retributivi e sulle differenze di genere.
L’obiettivo di questa direttiva è quello di migliorare la consapevolezza delle disparità salariali, consentendo ai dipendenti di confrontare il proprio stipendio con quello di colleghi di sesso opposto che svolgono mansioni simili. Oltre a favorire una maggiore equità, la trasparenza retributiva contribuisce a ridurre le discriminazioni, poiché costringe le aziende a giustificare eventuali differenze salariali non basate su competenze o meriti.
Tuttavia, la trasparenza non è sufficiente da sola. È fondamentale che le imprese adottino un approccio integrato, che includa politiche di diversità e inclusione, e che si impegnino a garantire che i processi di selezione e promozione siano equi e basati su criteri oggettivi. Solo in questo modo si potrà ridurre efficacemente il gender pay gap.
Normativa e obblighi delle imprese
La legislazione italiana ha fatto progressi significativi nella lotta contro le diseguaglianze di genere sul lavoro. Il D.Lgs. 198/2006, noto come “Codice delle pari opportunità”, stabilisce il principio di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di retribuzione, vietando qualsiasi forma di discriminazione salariale. Inoltre, il Rapporto biennale sulla parità di genere, introdotto dalla Legge 120/1991, obbliga le aziende con più di 100 dipendenti a presentare un rapporto che illustri la situazione retributiva di uomini e donne all’interno dell’azienda, evidenziando eventuali discrepanze.
Nel 2022 è stata introdotta la UNI/PdR 125:2022, una prassi di riferimento che fornisce linee guida per implementare un sistema di gestione della parità di genere nelle organizzazioni. Questa normativa mira a creare un quadro più solido per promuovere la parità di genere, migliorando la trasparenza e l’equità nelle politiche retributive aziendali. La certificazione UNI/PdR 125:2022 è diventata un importante strumento per le imprese che vogliono dimostrare il proprio impegno nel ridurre le disuguaglianze di genere e migliorare la trasparenza salariale.
Le aziende che implementano efficacemente questi standard possono beneficiare di vantaggi concreti, tra cui incentivi fiscali e una maggiore reputazione sul mercato. Questo, a sua volta, può attrarre talenti, migliorare la produttività e promuovere un ambiente di lavoro più inclusivo e motivante.
Il ruolo della responsabilità sociale d’impresa
La responsabilità sociale d’impresa (RSI) gioca un ruolo fondamentale nella riduzione delle disuguaglianze di genere e nella lotta contro il gender pay gap. Le imprese che adottano politiche di RSI dimostrano un impegno concreto per il miglioramento delle condizioni lavorative dei propri dipendenti e per la promozione di un ambiente di lavoro equo e inclusivo. Questo approccio è particolarmente importante nel contesto delle diseguaglianze retributive, in quanto favorisce la trasparenza e la responsabilità aziendale.
Molte organizzazioni stanno iniziando a considerare le politiche di parità di genere come una componente essenziale della loro strategia aziendale. Promuovere una cultura aziendale inclusiva, che valorizzi le competenze indipendentemente dal genere, non solo aiuta a ridurre il gender pay gap, ma migliora anche la produttività e il morale dei dipendenti.
Gli studi dimostrano che le imprese che promuovono la parità di genere tendono ad avere migliori performance finanziarie e un ambiente di lavoro più positivo. Un impegno serio verso la responsabilità sociale d’impresa può quindi creare un circolo virtuoso, in cui la riduzione del gender pay gap contribuisce al successo aziendale e al miglioramento delle condizioni lavorative.
Perché c’è bisogno di trasparenza sul gender pay gap
Uno degli ostacoli principali nella lotta contro il gender pay gap è la mancanza di trasparenza. Quando i dipendenti non hanno accesso alle informazioni sui livelli retributivi all’interno dell’azienda, è difficile per loro identificare eventuali discriminazioni salariali. La mancanza di trasparenza alimenta un ambiente in cui le disuguaglianze possono passare inosservate, contribuendo al perpetuarsi del divario retributivo.
La trasparenza non significa solo pubblicare i dati salariali, ma anche garantire che i processi decisionali all’interno dell’azienda siano chiari e basati su criteri oggettivi. Questo include l’accesso alle opportunità di carriera, la promozione di politiche retributive eque e il coinvolgimento dei dipendenti nelle decisioni che riguardano il loro futuro professionale.
La Direttiva UE 970/2023 ha introdotto obblighi specifici per le aziende, tra cui la necessità di fornire informazioni dettagliate sulla retribuzione e sulle politiche salariali. Questo è un passo cruciale verso una maggiore equità, poiché costringe le imprese a confrontarsi con le proprie politiche e a intraprendere azioni concrete per colmare il divario.
